Lo sviluppo delle tecnologie di procreazione assistita negli anni Ottanta e Novanta ha accresciuto l’accessibilità alla fecondazione eterologa quale mezzo per la genitorialità nelle donne lesbiche. Per la prima volta, anziché combattere per l’affidamento dei figli dopo un divorzio pieno di acrimonia, le coppie lesbiche hanno cominciato a pianificare le loro famiglie dopo avere fatto coming-out. Questa tipologia familiare è stata creata anche mediante il ricorso all’adozione, al rapporto sessuale con un uomo che non sarebbe stato il padre del futuro bambino e alla co-genitorialità, soluzione in cui almeno un uomo e una donna hanno un figlio e si occupano della sua crescita ed educazione, pur non essendo partner. All’epoca, la rapida diffusione del fenomeno della genitorialità lesbica prese il nome di “lesbian baby boom”
Da un punto di vista psicologico, le famiglie di prima costituzione con madre lesbica rivestivano un forte interesse poiché consentivano ai ricercatori di dirimere alcune questioni teoriche concernenti il ruolo del padre nello sviluppo dei figli. Se i bambini nati all’interno di questa configurazione familiare non avessero presentato particolari differenze rispetto a quelli cresciuti nelle famiglie tradizionali, ciò avrebbe potuto suggerire che i padri non fossero essenziali. Un’altra ragione per studiare tali famiglie era che la ricerca sulle madri lesbiche divorziate e separate aveva attirato critiche, in quanto i loro figli erano cresciuti con il padre nei primi anni di vita. Quindi, nella misura in cui le prime esperienze influivano sullo sviluppo successivo, non era possibile generalizzare quanto scoperto su di loro anche rispetto ai figli cresciuti fin dalla nascita in famiglie con una madre lesbica e senza un padre.
Vennero condotti vari studi sulle famiglie di prima costituzione con madrI lesbiche che avevano figli piccoli.
Negli anni trascorsi da quando le madri lesbiche apparvero per la prima volta nei titoli di giornale e i giudici si trovavano costretti a fondare le loro sentenze di affidamento su congetture riguardo alle possibili conseguenze della crescita in una famiglia con madre lesbica in assenza di ricerche empiriche, è stata svolta una gran quantità di ricerche su ciò che accade realmente ai bambini in queste circostanze. È quindi vero che questi bambini sperimentano disturbi psicologici, problemi con i pari e uno sviluppo di genere atipico, come suggerito dalle principali teorie psicologiche e predetto con tanto fervore dai media, dai professionisti esperti di salute mentale e dalla gente comune? Per quanto riguarda l’adattamento psicologico, neppure uno studio ha dimostrato che i bambini cresciuti da madri lesbiche corrano un rischio maggiore di incorrere in problemi emotivi o comportamentali rispetto a quelli che vivono in famiglie composte da genitori eterosessuali. Non solo non sono state constatate differenze nel confronto diretto tra famiglie con madri lesbiche e famiglie con genitori eterosessuali, ma è stato dimostrato che il funzionamento dei minori nelle famiglie con madri lesbiche rientra nella norma; in altre parole, essi non hanno una probabilità di sviluppare disturbi psicologici superiore a quella della popolazione generale. Questa è la conclusione a cui sono pervenuti gli studi sulle famiglie con madri lesbiche costituitesi in seguito a un divorzio, sulle famiglie di prima costituzione con madri lesbiche e su campioni di popolazione generale. Nel complesso, pare che le madri lesbiche abbiano figli ben adattati. A scuola, gli alunni che hanno una madre lesbica non sembrano in genere avere prestazioni differenti da quelli che hanno genitori eterosessuali. Alcuni raggiungono livelli elevati, altri no; ma le prestazioni scolastiche dei figli non sembrano correlate all’orientamento sessuale materno. I risultati sui rapporti con i pari non sono altrettanto inequivocabili. Mentre una vittimizzazione aperta ed evidente, in forma di derisioni, bullismo e rifiuto da parte dei pari, sembra essere meno comune di quanto non si pensasse in passato e dipende in qualche misura da fattori connessi alla società, come la zona geografica in cui si osserva il fenomeno, la stigmatizzazione strisciante basata su atteggiamenti omofobici resta un dato di fatto nella vita dei minori con madri lesbiche. Essa può manifestarsi con l’uso della parola “gay” in senso dispregiativo o con l’invisibilità delle famiglie con genitori omosessuali all’interno dell’ambiente scolastico. Per giunta, una stima della diffusione dei fenomeni di vittimizzazione che si basi sui resoconti di chi la subisce non restituirà probabilmente le reali dimensioni del problema, dal momento che qualcuno preferisce evitare di soffrire e sceglie di non rivelare ai coetanei particolari che riguardino la propria famiglia. Se il confronto tra famiglie con madri lesbiche e famiglie con genitori eterosessuali non ha evidenziato differenze complessive nella qualità delle cure genitoriali o nell’adattamento dei figli, si riscontra comunque una certa varietà relativamente alla presenza e alla gravità dei problemi emozionali e comportamentali in questi ultimi (come del resto avviene nelle famiglie con madre e padre eterosessuali). Come si spiega che tra i figli di madri lesbiche qualcuno sperimenti difficoltà psicologiche e qualcuno no? La risposta, in una certa misura, è la stessa che vale per qualunque tipo di famiglia: gli studi dimostrano che i figli di madri che stanno incontrando difficoltà personali o relazionali hanno a loro volta maggiori probabilità di sviluppare problemi psicologici. I figli di madri lesbiche incontrano però anche certe difficoltà specifiche che costituiscono un fattore di rischio per la comparsa di problemi psicologici – in particolare la stigmatizzazione della propria famiglia nel mondo sociale più ampio. Il fatto che la stigmatizzazione abbia effetti negativi sul benessere dei figli non significa che le madri lesbiche non forniscano loro un ambiente familiare positivo. La stigmatizzazione dei figli può essere causata dalla famiglia da cui provengono, ma non ne è una conseguenza necessaria. Benché i genitori non possano tenere lontani i figli dagli atteggiamenti e dai comportamenti omofobici, essi hanno la facoltà di proteggerli in qualche misura aiutandoli costruttivamente ad affrontare la stigmatizzazione e offrendo loro un ambiente familiare supportivo. Gli studi sullo sviluppo di genere si sono focalizzati sulle componenti distinte dell’identità di genere, del comportamento di genere e dell’orientamento sessuale. Per quanto oggi possa sembrare strano, quando le madri lesbiche catturarono per la prima volta l’attenzione del pubblico si pensava che i loro figli fossero confusi riguardo alla loro identità di genere, cioè si presumeva che non sapessero dire con sicurezza se fossero maschi o femmine. Malgrado ciò, in tutti gli studi condotti finora non ne è stato trovato neppure uno che avesse problemi di identità di genere. Le ragazze risultano sicure nella loro identità di femmine e i ragazzi si considerano maschi. Sebbene le teorie dominanti all’epoca incoraggiassero ad avere una mentalità aperta riguardo al comportamento di genere, la ricerca su questo aspetto dello sviluppo di genere ha dimostrato che le ragazze non sono meno femminili e i ragazzi non sono meno maschili dei loro omologhi nelle famiglie con genitori eterosessuali; e questo nonostante le madri lesbiche preferiscano per i propri figli di entrambi i sessi giocattoli e attività meno tipizzati sessualmente. Per giunta, oggi un comportamento di genere non tradizionale non è più considerato una caratteristica negativa. Quanto all’orientamento sessuale, in età adulta la grande maggioranza dei bambini cresciuti con madri lesbiche si dichiara eterosessuale. Quindi, l’idea comune secondo la quale i figli allevati da madri lesbiche sarebbero destinati a diventare a loro volta gay o lesbiche non è suffragata da prove empiriche. Ciò nonostante, i giovani provenienti da una famiglia con madri lesbiche hanno più spesso relazioni omosessuali, specialmente le femmine. La ragione potrebbe essere che l’accettazione nel proprio ambiente familiare consente a chi è attratto da partner dello stesso sesso di avere con loro una relazione; solitamente, i giovani cresciuti in famiglie con madri lesbiche non incontrano la stessa disapprovazione in cui incorrono i loro coetanei nelle famiglie eterosessuali. Le ricerche condotte nell’ultima parte del ventesimo secolo per cercare di stabilire se i figli di madri lesbiche fossero diversi dagli altri partivano del presupposto che qualunque differenza identificata avrebbe puntato nella direzione di esiti più negativi per i figli con madri lesbiche. Ma in un articolo storico, Stacey e Biblarz (2001) sostennero che concentrarsi sugli esiti negativi significava trascurare le differenze positive e quelle né positive né negative – le semplici differenze. Quell’articolo ebbe l’importante funzione di fare notare che la differenza non implica necessariamente una mancanza, e segnò una svolta nel settore.
Con “famiglie di prima costituzione” ci si riferisce a quelle famiglie composte da una coppia o da un single omosessuali che hanno avuto figli grazie ai metodi di procreazione medicalmente assistita.
La dott.ssa Rotolo effettua percorsi individuali e di coppia per coppie lesbiche che intendono effettuare un percorso di PMA all’estero e lavora con numerose cliniche che si occupano di tale procedura, che purtroppo è ancora vietata in Italia. Per informazioni contattare la dott.ssa (3286852606 o marialetizia.rotolo.it)
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